Con la sentenza n. 9769 del 26 maggio 2020 le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione (testo integrale allegato) hanno chiarito che la spedizione per posta ordinaria di un assegno, anche se non trasferibile, comporta il concorso di colpa del mittente, insieme alla banca negoziatrice, nel caso in cui l'assegno medesimo venga incassato da una persona non legittimata.
Ad avviso delle Sezioni Unite la scelta del mittente di avvalersi della posta ordinaria per la trasmissione dell'assegno al beneficiario rispetto ad altre forme di spedizione, quali la posta raccomandata o assicurata, si traduce nella consapevole assunzione di un rischio evidente ed ingiustificato che non può non costituire oggetto di valutazione ai fini dell'individuazione della causa dell'evento dannoso.
La vicenda, nello specifico, aveva ad oggetto la spedizione da parte di una compagnia di assicurazioni di tre assegni di traenza, per un importo complessivo di oltre 60 mila Euro, a tre diversi beneficiari tramite posta ordinaria (ovvero non plico raccomandato). Le buste venivano sottratte, gli assegni trafugati e posti all'incasso da persone diverse rispetto ai destinatari mediante l'esibizione di falsi documenti.
L'assicurazione, che conveniva in giudizio l'istituto di credito per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla negoziazione dei tre titoli di cui sopra, veniva, quindi, condannata unitamente a quest'ultima per il risarcimento del danno in favore dei beneficiari degli assegni.
Le Sezioni Unite affermavano, dunque, il principio di diritto per cui:
"la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d'intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l'affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l'esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl'interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell'evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell'identificazione del presentatore".
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