Con la recente sentenza n. 18199/2020 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, in materia di successioni, il legittimario che faccia valere l'azione di riduzione, poichè ritiene violata la sua quota di eredità legittima, potrà provare tale circostanza anche ricorrendo a presunzioni semplici, purchè gravi precise e concordanti, fornendo tutti gli elementi che ritiene idonei a dimostrare se, ed in quale misura, sia avvenuta la lesione della quota di riserva.
La vicenda vedeva la moglie del defunto promuovere azione di riduzione contro gli altri eredi in quanto riteneva che le disposizioni testamentarie avessero leso la sua quota di legittima. Gli altri eredi costituendosi in giudizio sostenevano che la pretesa dell'attrice fosse infondata poichè aveva già ricevuto donazioni in vita da parte del de cuius.
Nel giudizio di secondo grado la Corte d'Appello aveva rigettato la domanda di riduzione ritenendo che l'attrice non avesse fornito gli elementi di fatto necessari per verificare se sussistesse o meno le dedotta lesione della quota di riserva.
Il caso arrivava in Cassazione e la Suprema Corte ribaltava la predetta pronuncia evidenziando come, seppure colui che agisce per la riduzione dovrà necessariamente indicare entro quali limiti ritiene sia stata lesa la sua quota di riserva, non sarà necessaria tal fine l'indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione. La prova della consistenza dell'asse e della conseguente lesione dei diritti di legittimario può esserefornita anche a mezzo presunzioni purché munite dei requisiti di cuiall'art. 2729 c.c.
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